Nel nord dell’Etiopia, nel continente africano, si trova la regione di Tigray. In questa parte del mondo la popolazione vive in piccole e semplici abitazioni, solitamente costituite da un unico ambiente, dove i numerosi componenti della famiglia mangiano e dormono gli uni accanto agli altri. In queste strutture normalmente non vi è il bagno, l’acqua corrente, né l’elettricità. I bambini vanno a scuola, gli adulti svolgono lavori umili come riparatori biciclette, manutentori di telefoni, parrucchieri, ecc.

Attraverso i 20 anni di attività in questo territorio ci rendiamo conto di quelli che sono i più urgenti interventi, per questo di propone l’installazione, sotto un simbolico albero, un semplice edificio che sia in grado di dare una risposta alle principali necessità della popolazione: un riparo, acqua, luce, la possibilità di lavorare e vivere insieme… Noi lo chiamiamo H3W (House tree Work).

 Si tratta di un modulo espandibile e flessibile che può avere la duplice funzione di abitazione e luogo di lavoro, struttura che al tempo stesso che possa produrre energia elettrica e raccogliere acqua sufficiente per il fabbisogno delle famiglie.

Il progetto prevede l’installazione dei moduli in uno specifico lembo di terra, una strada pressoché lineare di 250 km che connette le città di Alamata e Adigrat.

Si è quindi così sviluppata una “casa-bottega” basata su una struttura modulare prefabbricata in legno, corpo centrale di un sistema che sarà completato e rifinito dagli abitanti stessi con materiali locali.

L’edificio è composto da due diversi blocchi: il primo, che affaccia sulla strada, è destinato all’attività lavorativa, il secondo blocco invece è rivolto verso il piccolo cortile interno al centro del quale vi è l’albero. Nella parte retrostante della struttura sarà possibile creare spazi per allevare animali o coltivare la terra.

Ciascun blocco è coperto da un tetto equipaggiato con pannelli solari e gronde che permettono la raccolta dell’acqua piovana, che viene accumulata tramite un contenitore industriale posizionato in un interstizio tra tetto e soffitto. Questa posizione permette agli abitanti di sfruttare la forza di gravità per utilizzare l’acqua, eliminando la necessità di un più complesso, costoso e delicato sistema di pompaggio dell’acqua.

L’intero edificio è rialzato rispetto al suolo di circa 20 cm, per evitare danni durante le inondazioni, grazie ad un sistema di fondazioni reversibile.

Le componenti dell’edificio sono studiate e disegnate in maniera tale da poter essere assemblate ed installate da due abitanti locali, senza specifiche competenze ma con buone capacità manuali.

Pensiamo che questo progetto, grazie alla sua semplicità, permetta un’espansione nel tempo e a larga scala: i moduli originari possono aumentare le proprie dimensioni, in caso di necessità, attraverso l’aggiunta di nuove parti al corpo centrale dell’edificio.

L’intento del progetto vuole divenire parte dell’assetto umano, sociale ed architettonico del territorio, senza distruggerlo e migliorandolo dando alle persone i beni e i servizi di cui hanno bisogno.

Uno dei problemi che affligge questa parte dell’Africa è la brutale deforestazione; in parallelo al progetto è quindi stato pensato anche un deciso programma di rimboschimento, proporzionale alla necessità di materiale impiegato alla costruzione delle strutture.


CREDITI
Shosholoza Onlus
Paolo Scoglio, Sara Gambino, Amir Faridkhou, Chiara Rigotti
Web: http://www.treehousing-competition.com


PREMI E RICONOSCIMENTI
Secondo premio al WT Smartcityaward 2017
Premio della Critica al XXVI Seminario Internazionale e Premio di Architettura e Cultura Urbana di Camerino 2016